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Passato, presente ed un futuro ancora tutto da costruire
di Chiara Munzi
Presentarsi
come una donna che da oltre sedici anni lavora nel mondo dei Contact
Center alla maggior parte delle persone potrebbe far quasi
impressione, eppure ne vado molto fiera. Ho iniziato la mia carriera
nel 1999 e sin da quella data ho avuto il piacere di seguire il
Club CMMC nelle sua attività, eventi, ricerche
ed approfondimenti. Grazie al Club ho avuto la
grande occasione di seguire uno dei primi studi condotti sui lavoratori
di questo settore, quello della Asl di Milano, che nel 2005 terminò
una indagine sul logoramento fisico dei lavoratori dei Contact Center.
Uno studio che portava alla luce anche dati abbastanza allarmanti
sugli aspetti psicologici e quindi sui principali fattori di stress.
Quando ho iniziato a lavorare come operatrice le telefonate venivano
fatte ancora recuperando i nominativi dagli elenchi telefonici,
quindi su carta, senza avere un CRM strutturato,
all’epoca i piani di comunicazione erano ancora sintetici
e poco articolati. Per il mondo dei Contact Center quelli erano
gli anni del “boom economico”.
Gli anni sono passati ed attualmente mi occupo ancora di Contact
Center, non più come operatrice, ma come responsabile dell’assistenza
clienti attraverso i canali telefonici e social network.
Sono una fervente sostenitrice dei Contact Center e dei lavoratori
che sono occupati in questo settore ma ancora troppo spesso mi deprimo
nel vedere come questo lavoro sia ancora poco “considerato”,
anzi quasi denigrato. Cerchiamo però di fare un’analisi
ordinata del fenomeno.
Gli addetti dei Contact Center (inbound, outbond e back
office) sviluppano nel corso degli anni delle capacità
e delle caratteristiche molto significative, mi spingerei a definirle
quasi uniche. Capacità di reazione, di ascolto, di vendita,
di gestione dello stress e di assistenza e Customer Care.
Un lavoratore, dunque, che nel corso della sua attività acquisisce
molte capacità, probabilmente poco apprezzate e conosciute.
Non parliamo poi di chi gestisce i gruppi di operatori, che riesce
a sviluppare nel tempo delle capacità organizzative ed una
gestione del team paragonabili solo a poche altre categorie di professionisti.
Le strutture di Contact Center possono essere destinate a servizi
e campagne stabili o occasionali che molte aziende magari non conoscono.
Effettuare delle campagne per monitorare la soddisfazione dei clienti,
pianificare delle sistematiche campagne di caring su particolari
clienti Top (che vale la pena contattare telefonicamente), per cercare
di instaurare con loro un rapporto. Sono tutte attività che
un Contact Center può volgere, ma che a volte le aziende
non sanno di poter delegare a queste strutture o non svolgono.
Oltre a questo ci sono poi altri argomenti che rientrano nella “altra
faccia della medaglia”, ovvero come i Contact Center
stanno affrontando i grandi temi che li riguardano.
Nel corso del tempo sono cambiate molte cose, in primis le tecnologie
ed i mezzi di comunicazione che le aziende e le persone hanno a
disposizione per comunicare tra loro. Da una parte sono nati i Contact
Center esteri che hanno, in un grande momento di crisi,
abbassato notevolmente i costi ed offerto dei servizi che per molte
aziende potevano essere considerati sufficienti per la loro clientela.
La ricerca continua di abbassamento dei costi genera quel famoso
fenomeno ormai noto delle “gare al ribasso”.
Vengono vinte delle gare grazie al costo estremamente basso che
viene offerto al committente.
Molti sono i call center che per aggiudicarsi una gara ed iniziare
a lavorare con un nuovo fornitore, magari di grandi dimensioni,
decidono di presentare dei costi estremamente bassi. Ma sono veritieri?
Nella mia esperienza scegliere dei fornitori che si presentano in
questo modo è estremamente rischioso, perché di fatto
costi così bassi sono insostenibili non solo nel lungo, ma
già nel medio periodo. In sostanza nessuna struttura riesce
a sopravvivere con dei ricavi estremamente inferiori rispetto alla
media del mercato. Come committente è quindi estremamente
rischioso sottoscrivere un contratto con queste caratteristiche,
perché prima o poi ci dovrà essere o una rinegoziazione,
e quindi un extra budget, o anche l’avvio di una nuova gara
se si desidera avere un livello di servizio adeguato.
E’ in questo momento storico, ovvero quello in cui l’esternalizzazione
diventa capillare, che il tema del costo contatto
è centrale. La maggior parte dei contratti di fornitura di
servizi di Contact Center sono basati su questo parametro di costo.
Se questo è stato sempre il metro di riferimento ad oggi
ritengo che possa essere riduttivo, sia per il fornitore che per
il committente. Quello che voglio dire è che intanto il costo
contatto potrebbe sostanzialmente diminuire nel momento in cui all’interno
della gestione del servizio vengono introdotti dei seri
sistemi di automazione. Con seri intendo sistemi che modificano
e migliorano sensibilmente la gestione del cliente e la sua soddisfazione,
insomma non certamente un semplice IVR. L’inserimento di chat,
di assistenti virtuali, sistemi di riconoscimento vocali e assistenza
via social potrebbe di certo non solo far diminuire il costo contatto
ma, a mio parere, migliorare anche il servizio erogato
al cliente.
Ad oggi noto ancora con un certo rammarico, la lentezza
del mondo dei Contact Center di introdurre le novità tecnologiche
che sono disponibili, rimanendo così un po’ “barricato”
nelle abitudini e nelle consuetudini esistenti. Perché questo
immobilismo? Quello che è certo è che l’immobilismo
è su ambo i fronti.
Oggi sia le aziende che i Contact Center offrono, per la maggior
parte, “servizi scadenti” e poco evoluti.
Mi è capitato molte volte di incontrare dei fornitori che
arrivano agli incontri con una bella presentazione in power point
stampata, dove non mostrano alcun servizio innovativo, e ci tengono
a sottolineare che hanno anche delle sedi estere che costano molto
meno dell’Italia. Ma che sensazione di sviluppo, di futuro
e di business possono trasmettere? A questa riflessione se ne aggiunge
anche un’altra, quella delle professionalità esistenti
e della loro evoluzione.
Le risorse che lavorano nei call center, come già
detto, acquisiscono delle capacità importanti di relazione,
di gestione dello stress, di ascolto del cliente e di vendita decisamente
importanti. E’ noto inoltre come il livello di scolarizzazione
sia molto alto all’interno di queste strutture, insomma i
laureati non mancano. Quello che manca è molto spesso la
formazione continua per permettere a queste risorse di crescere,
e questo va di pari passo con l’atteggiamento che oggi molte
imprese stanno assumendo.
Nello scenario attuale si stanno consolidando nuovi modi
di comunicare, le app ed i social network sono mezzi di
comunicazione che stanno modificando anche i referenti a cui le
aziende si rivolgono per gestire la relazione con il cliente. Mentre
prima il “re” della gestione del cliente al telefono
era il Contact Center, ora per le aziende che comunicano tramite
i canali social i "re" della comunicazione stanno diventando
le agenzie di comunicazione, perché lì
sono presenti le professionalità utili per gestire tutti
questi nuovi mezzi, anche se per mia esperienza non ci sono le figure
adeguate per la gestione del cliente.
I Contact Center hanno perso in questi ultimi anni, due
grandi battaglie.
La prima sul campo di spinta e promozione del lavoro, delle loro
competenze e delle professionalità che hanno acquisito e
che potevano dare alle aziende sotto forma di servizi seppur a prezzi
maggiori.
La seconda, in quanto non hanno capito come potevano ed ancora possono
convertire la loro “fabbrica” per ampliare la loro produzione.
Se prima i Contact Center erano i “fiori all’occhiello”
per tecnologie ed investimenti IT, oggi molti sono sostanzialmente
fermi a dei sistemi ormai decisamente noti da anni per chi frequenta
l'ambiente.
Dalle postazioni degli operatori alla reportistica, alle sale regie
per il controllo delle commesse, tutto ha molto spesso un sapore
“antico”. Nonostante tutto le ricerche e gli sviluppi
continuano, vari sistemi in Cloud che monitorano e risolvono ogni
tipo di problema continuano ad essere sviluppati; ma spesso
tutto rimane all’interno di un convegno, di qualche slide
o demo.
Questa situazione é certamente influenzata dalla crisi, ma
anche da molte aziende che ancora non si sono accorte di
come i nativi digitali oggi gradirebbero disporre di sistemi di
comunicazione con le aziende completamente diversi e di come il
concetto di soddisfazione del cliente ad oggi passa per altri parametri.
Se ieri si parlava di cliente soddisfatto oggi si parla di Customer
Experience, concetto noto alla maggior parte dei manager,
anche se questo non significa che questa filosofia sia applicata
o venga applicata correttamente. Spesso i progetti di Customer
Experience muoiono all'avvio perché aziendalmente non c’è
una profonda coscienza di cosa significhi Customer Experience.
A volte le strategie di CX vengono implementate da persone che non
sono esperte, non vengono utilizzati dei mezzi adatti a portare
avanti questi progetti (quindi sistemi IT inadeguati o assenti),
tutta l’organizzazione dovrebbe essere orientata a portare
avanti una cultura che promuova la Customer Experience
e non solo alcune divisioni (tipicamente il marketing o le operations).
Spesso oggi le aziende non sono pronte ad accettare quello che il
cliente ci dice e soprattutto non sono pronte a cambiare la propria
organizzazione (procedure, sistemi di comunicazione ecc… )
in base al feedback del cliente.
Le organizzazioni devono capire che la Customer Experience
non è semplicemente fare un’analisi di mercato, ma
si tratta di un processo molto più complesso ed articolato.
Se una volta gli indici di Customer Satifaction
diventavano Kpi molto popolari per la valutazione
del successo di business, oggi tutto questo non basta più
perché un livello soddisfacente di servizio viene dato per
scontato e non è più differenziante. Ecco
quindi che nasce la necessità per le aziende, e per gli addetti,
di cambiare il proprio atteggiamento, la propria professionalità
ed il proprio approccio al lavoro.
Agosto 2016
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