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Call
Center e 675 Contributo
del Dr. Claudio Manganelli Autorità Garante per la tutela della privacy
E’ da
escludere la possibilità che un call centre si possa identificare come un "incaricato"
del trattamento dei dati personali, anche perché questi va inquadrato unicamente
in un rapporto di lavoro subordinato. Il gestore di un call centre potrebbe
essere qualificato "responsabile" del trattamento, ma ciò comporterebbe
gravosi compiti di controllo e vigilanza da parte del titolare. Sarebbe
allora meglio individuare il call centre come il "titolare" di un autonomo
trattamento; esso diventerebbe contitolare del trattamento stesso nel momento
in cui fornisse al committente i dati raccolti ed elaborati. La legge
675 e il D.L. 171/98 prevedono che, anche in caso di applicazioni telematiche
e, in particolare, nelle applicazioni di natura commerciale, sia necessario informare
gli interessati circa la detenzione dei loro personali e conseguirne il consenso
per poter proseguire nel loro trattamento; è questo un tipico caso di inadeguata
stesura delle norme. Non è infatti pensabile che gli investimenti
cospicui che numerose aziende stanno effettuando in materia di call centres vengano
vanificati o messi in difficoltà dall’applicazione rigorosa della normativa.
Con quali modalità inviare l’informativa e come raccogliere il consenso
al trattamento dei dati personali da parte di un call centre? A mio avviso
la modalità di colloquio consentita da un sistema call center in applicazioni
outbound può consentire che l’informativa a norma della 675/96 possa essere fornita,
dopo il messaggio di presentazione, in occasione del primo contatto con il
normativo chiamato e in quella circostanza possa essere raccolto, oralmente, il
consenso per proseguire il colloquio e per successivi messaggi informativi.
E’ ovviamente opportuno che l’espressione di consenso venga registrata
e evidenziata nel file dei nominativi disponibili mentre, in caso di dissenso,
il normativo deve essere cancellato se non si vogliono correre rischi di una successiva
ripetizione della chiamata che potrebbe generare una protesta dell’interessato
e l’eventuale ricorso a termini di legge. Le registrazioni delle telefonate
in ingresso e in uscita dovrebbero essere conservate limitatamente alle necessità
legate al trattamento che si intende effettuare e, in caso di successivi rapporti
commerciali o finanziari generati dai contatti, regolarizzate nell’ambito della
gestione amministrativa dei rapporti in atto.
Frattanto, negli USA e in Canada, dove la tutela della riservatezza è esercitata
attraverso norme settoriali, stanno nascendo iniziative che testimoniano l’abuso
che le aziende e i gruppi industriali si sono abituati a perpetrare in materia
di trattamento automatico delle informazioni; non bisogna infatti dimenticare
che gli States sono la patria delle Datawarehouses e l’offerta di servizi di Datamining
è un business florido. Sono quindi sorte iniziative antagoniste dei sistemi call
centres. La società statunitense Ameritech ha istituito un servizio denominato
Privacy Manager che, al costo di 3,95 dollari al mese, intercetta le chiamate
in arrivo ai suoi clienti ancor prima che il telefono squilli. Il servizio filtra
le telefonate di chiamanti sconosciuti, chiede il loro nome e lo comunica al destinatario,
che per esempio nel caso di chiamate provenienti da un centro di telemarketing
può rifiutarle con la semplice pressione di un tasto del proprio telefono.
Si evita così anche il fastidio di dover rispondere "Grazie non mi interessa".
A questo proposito va ricordato che le compagnie telefoniche statunitensi
tendono a promuovere il servizio "Caller ID", che visualizza sul display del telefono
il numero del chiamante al fine di proteggere la privacy del chiamato. Anzi recentemente
la compagnia telefonica Pac Bell ha sospeso temporaneamente il contratto di un
operatore di telemarketing che induceva i consumatori a non avvalersi di questa
possibilità. Milano, 17 Febbraio 1999 |