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Verso
l'e-business: 10 passi da intraprendere Traduzione
libera dal primo inserto E.Biz di Business Week 22 Marzo 1999
1)
FROM REENGINEERING TO E-ENGINEERING, REINGEGNERIZZA LA TUA SOCIETA’
La reingegnerizzazione ha costituito un concetto chiave nella prima metà degli
anni ‘90. Oggi si affaccia una nuova modalità di trasformazione del business:
l’e-engineering. Non è però sufficiente aprire uno o più siti web: per trarre
dalla Rete il maggior numero di vantaggi occorre reinventare la propria attività,
dalla distribuzione dei beni alla comunicazione aziendale. Le compagnie legate
alla tecnologia (Intel, Cisco, Dell) sono state naturalmente le prime a percorrere
questa strada (gli ordini alle tre aziende eseguiti on line ammontano a 70 milioni
di dollari al giorno), ma altre si stanno accodando, anche se i rischi sono notevoli.
Ford prevede di rivoluzionare il proprio modo di fare assistenza via web, per
ridurre i costi e cementare il rapporto con i clienti. Tramite la rete sono inoltre
collegati 4500 ingegneri e progettisti e si stanno studiando nuovi sistemi per
le ordinazioni ai fornitori. L’obiettivo finale di Ford è una produzione basata
sugli ordini anziché sulle previsioni. Occorre però prestare attenzione al
fatto che un e-engineering mal gestito può avere un impatto assai negativo sull’organizzazione
(la NASA ha investito 100 milioni di dollari, salvo poi scoprire che la tecnologia
scelta non era adatta agli scopi). Il problema non è però necessariamente tecnologico:
a volte è la cultura aziendale, a causa della quale la conversione all’e-business
può avere vita difficile. Lo sforzo deve essere coordinato dai livelli più alti. 2)
THROW OUT YOUR OLD BUSINESS MODEL‚ BUTTA VIA IL VECCHIO MODELLO DI BUSINESS
Due anni
fa nacque un sito Web (AllApartments) costituito da una lista on line di appartamenti
in affitto. Oggi quel sito si chiama SpringStreet, contiene un database di 7 milioni
di appartamenti e offre servizi di trasporto, forniture di mobili e altro, guadagnando
da transazioni effettuate mediante 35 partner, Visa compresa. E come questo, altri
business on line si stanno reinventando. Esistono diverse modalità per guadagnare
sulla Rete: pubblicità, sottoscrizioni, compensi per transazioni e commissioni
per aver fatto "incontrare" clienti e aziende. Occorre quindi avere le idee chiare
su ciò cui si punta. CTNET ha cominciato a fornire sul suo sito informazioni
su 120.000 prodotti, tariffando i produttori per ogni contatto (90.000 contatti/giorno,
di cui l’8-10% si tramutano in ordini). BITZONE vende software nel modo tradizionale
(con licenze), ma offre anche un’alternativa: i clienti corporate possono pagare
da 1 a 10 cent per ogni transazione portata a termine usando il suo programma.
L’idea è quella di non far pagare il SW in quanto tale, ma per il servizio che
esso fornisce, in questo caso transazioni elettroniche. Offrendo nuovi servizi,
le aziende incrementano il numero e la fedeltà del clienti. Queste nuove modalità
sono però tutt’altro che consolidate: BUY.COM, per esempio, vende sottocosto per
attirare clienti. E’ in perdita sugli ordini, ma scommette di rientrare dal passivo
grazie alla pubblicità. Se sia una scelta giusta, è presto per dirlo: in ogni
caso è un approccio diverso da tutto quanto visto finora. "Try the unexpected". 3)
THE BUYER ALWAYS WINS, IL TUO CLIENTE VINCE SEMPRE L’e-business
sta cambiando il rapporto di forza cliente-azienda: mai come prima, il consumatore
esce vincitore. Mentre è scomodo infatti girare fisicamente più rivenditori
per spuntare il prezzo migliore, sulla Rete è questione di pochi attimi comparare
offerte differenti. La distanza tra produttore e utente finale è quindi virtualmente
ridotta a zero; secondo Gartner Group, i fabbricanti di auto, elettronica e beni
di largo consumo stanno cercando modi per accorciare la catena di vendita. Dell,
per esempio, che vende solo on line, sta crescendo più velocemente di ogni altro
produttore di PC; l’efficienza degli scambi via Web permette di remunerare una
categoria di utenti, quelli in grado di utilizzare la rete, che si vedono trasferiti
i risparmi derivanti dai minori costi di promozione e distribuzione. Un cliente
di questo tipo, secondo McKinsey, può risparmiare fino a 1.110$ all’anno, cercando
le offerte migliori (naturalmente non tutti vedono questo come una manna: alcuni
produttori ritengono che inserire in rete i propri prodotti si possa trasformare
in una pressione fortissima, tale da costringerli ad inserire nel proprio sito
dei filtri per SW automatici di comparazione o addirittura a rinunciare al canale
on line). E può arrivare ad occupare posti di rilievo nelle aziende in cui lavora:
i cosiddetti "infomediaries" hanno infatti generato a livello business 290 milioni
di dollari di scambi, che diventeranno 20 miliardi nel 2002; essi sono in grado
di porre in rete un elevato potere di acquisto e di trarre il meglio dai venditori.
General Electric ha ridotto in questo modo del 20% il costo dei propri acquisti. 4)
YOU’LL WANNA HOLD THEIR HANDS, TIENI IL CLIENTE PER MANO Il
mito del commercio elettronico è che esso è quanto di più vicino al self service
si possa desiderare: per cui addio al cliente "tenuto per mano" e ai call center.
Ma questo è del tutto errato. Il "guanto di velluto" con il consumatore
rischia di essere, nel cyberspazio, più importante che mai. Cambiare fornitore
è rapido quanto un clic di mouse: un servizio migliore non è un qualcosa in più:
è fondamentale. Le aziende stanno scoprendo la necessità dell’e-service, che
può assumere varie forme: dal software che tiene traccia delle abitudini del navigatore
per fornire aiuto immediato, a sistemi di risposta automatica alle mail. Il modo
in cui un’azienda "stende il tappeto rosso" al cliente potrebbe essere uno dei
fattori che decreterà il suo successo o il suo fallimento nel mondo del commercio
elettronico: tradizionalmente, il 70% delle risorse è destinato al marketing e
il restante 30% al servizio; nel caso dell’on-line, invece, il 70% dovrebbe essere
destinato a soddisfare il cliente e solo il 30% a raggiungerlo. Certo, questo
può significare il dover integrare fax, e-mail, web e call center in un’unica
struttura, laddove in molte aziende posta elettronica e telefono sono ancora due
modi di comunicare nettamente distinti. Anche il risparmio può essere notevole:
una ricerca di Forrester Research stima in 4 cent per cliente il costo medio del
servizio al cliente mediante pagine Web, contro 1,44$ nel caso di una telefonata
tradizionale. HP usa anche un sw di tracking per creare un database di clienti
che contattano il servizio assistenza: quando essi richiameranno, saranno identificati
automaticamente e i loro quesiti indirizzati direttamente alla persona più adeguata. 5)
GO AHEAD, FARM OUT THESE JOBS, PARTI E APPALTA LE NUOVE ATTIVITA’
Che si tratti di sviluppo, marketing o customer service, le aziende non hanno
né il tempo né la necessità di fare tutto all’interno e l’e-commerce sta accelerando
ulteriormente l’evoluzione dei business. Gli innovatori in questo campo, come
Amazon.com, Yahoo! e altri, godono di elevati valori di mercato e di grandi affluenze
ai propri siti: essere i primi sul mercato ha portato loro enormi vantaggi. Secondo
S. Wolff (REALTOR.com), chi non comprende l’importanza della velocità commette
un grave errore – si pensi ai tempi di Internet. "Noleggiare aiuto":
esistono imprese che si occupano a pagamento della gestione di interi business
on line o anche solo di una parte di essi (per esempio le mail); altre si occupano
di inserire "negozi virtuali" in migliaia di siti o di gestire il Web in caso
di picchi. Ma non si tratta solo di entrare rapidamente nella Rete. Una volta
sul web, le aziende devono continuare a muoversi rapidamente: si pensi per esempio
alla distribuzione dei prodotti venduti on line. Anche qui il ricorso a soluzioni
di outsourcing può essere vincente. 6)
NO WEB SITE IS AN ISLAND, I WEB-SITE NON SONO ISOLE A SE STANTI
Il web non deve essere l’unico contatto: uscire dal cyberspazio può portare
maggior visibilità e anche maggiori vendite on line. Dopo la pubblicazione
dell’edizione cartacea degli articoli contenuti nel suo sito web, David Liu (Knot)
ha visto gli accessi crescere in un mese da 400.000 a 900.000: anche per una "net
company", il miglior modo di costruirsi un’immagine risiede tuttora nella stampa
e nella televisione. Le imprese cominciano a rendersi conto che conviene operare
sulla rete e fuori da essa, facendo leva su ciascuno dei due business per trarre
il meglio dal loro insieme (a volte il confine è sfumato: in alcuni negozi Levi’s
è possibile inserire in rete le proprie misure per avere i jeans personalizzati
in una settimana). Per raggiungere i tre quarti della popolazione non collegata
alla rete, è necessario anche alle net companies costruirsi un’immagine su canali
tradizionali: è qui che i negozi, una volta considerati "palle al piede" dalle
imprese on line, svolgono il loro insostituibile ruolo. In tali negozi potranno
poi essere installati "chioschi web" dove il cliente potrà personalizzare e perfezionare
i propri acquisti. Con il decollo del commercio elettronico, insomma, il
cyberspazio e la terraferma si incrociano sempre di più e alle imprese conviene
piantare una bandiera su entrambi i mondi. 7)
BUILDING GLOBAL COMMUNITIES, CREA LO SPIRITO DELLA COMUNITA’ ON-LINE
Per anni Warner Bros ha combattuto l’uso illecito delle immagini e dei nomi dei
suoi personaggi che comparivano sulle home page di migliaia di utenti. Ciò che
irritava maggiormente era la pubblicità che compariva su tali siti, una sorta
di sottoscrizione di una palese violazione di copyright. Recentemente però WB
ha formato una joint venture con Fortunecity, una comunità virtuale in forte espansione,
creando un luogo di incontro per tutti i fans sparsi per il mondo: in due mesi
sono state costruite 150.000 home pages autorizzate, "strappandone" anche molte
da Geocities o Tripod. Oltre a Warner, molte aziende cominciano ad apprezzare
le comunità on line, ormai simili a città virtuali i cui membri superano ormai
quota 25 milioni. La maggior parte di tali comunità non ha scopo di lucro, ma
il motivo per cui le aziende le guardano con interesse (o ne costruiscono di nuove)
è appunto il numero di potenziali clienti raggiungibili e la possibilità di conoscere
le loro preferenze. Le comunità infatti tendono a raggruppare per lo più persone
dotate di simili interessi e caratteristiche, che non avrebbero probabilmente
la possibilità di incontrarsi nella realtà: "Abbiamo costruito milioni di
legami tra persone" dice il Presidente di Tripod, "adesso cerchiamo di renderli
profittevoli". I banner pubblicitari sono naturalmente la forma più diffusa;
spesso inoltre tali comunità favoriscono l’accesso ai nuovi utenti costruendo
loro le home page e fornendo indirizzi e-mail, chiedendo in cambio solo alcuni
dati personali. Tali dati saranno poi utilizzati per un marketing più mirato ed
efficace. Generalmente i produttori non hanno accesso diretto ai dati forniti,
ma i gestori del sito possono fornire loro informazioni generali, comunque sufficienti
per gli scopi desiderati, sui propri iscritti. Poiché il denaro comincia a
girare, molte comunità stanno cercando di superare la "fase pubblicitaria": Lycos
sta facendo accordi con USA Network e First Auction (un sito di aste on line)
per creare una grande comunità di scambi sulla rete. Il problema più rilevante
che investe tali comunità è naturalmente quello della responsabilità di chi gestisce
i dati degli utenti. Anche la pubblicità può però essere controproducente: Patrik
Kane (analista di Jupiter) afferma: "Mettete un banner Coca Cola in una chat room
e i partecipanti non la acquisteranno più per un bel po'". In ogni caso,
passo dopo passo, imprese e clienti stanno imparando a convivere nelle città virtuali. 8)
FOLLOW THE MONEY, SEGUI IL FLUSSO DI DENARO Su Internet, la concorrenza
è più vicina di quanto si pensi, anche in settori finora relativamente non toccati
dal fenomeno del commercio elettronico. Occorre "tenere d’occhio il denaro": nel
1995 i venture capitalist hanno investito 3,8 miliardi di dollari in società di
e-commerce. Controllare i loro settori di attività può essere utile per scoprire
quali business stanno per svilupparsi sulla rete: "Ogni settore è vulnerabile,
è solo questione di tempo", dice il vicepresidente di VentureOne, "perché ciò
che rende allettante l’e-commerce è l’eliminazione delle inefficienze tipiche
dei mercati reali". Anche Intel ha investito in prima persona su 50 startup
di e-commerce, con lo scopo di alimentare per mezzo di queste nuove aziende la
domanda di PC con processori da essa prodotti. 9)
A WEB THAT LOOKS LIKE THE WORLD, WEB SOLO PER TECNICI? NON CREDETECI!
Internet non è più un parco giochi per maniaci della tecnologia. Ormai
pressoché ogni categoria di persone ha accesso alla rete: dalla madre di famiglia
che acquista biglietti di auguri on line al bambino che fa acquisti da Disney.com.
Le caratteristiche demografiche delle persone che utilizzano la rete coprono quasi
tutti i gruppi etnici presenti nel mondo. Sono inoltre in forte aumento le donne
e le persone oltre i 50 anni di età. Per l’e-business ciò significa un mercato
di massa su web: il numero di navigatori che ha acquistato on line è passato dal
19% nel 1997 al 31% del 1998. Le donne, che hanno in mano l’80% delle spese di
una casa, dovrebbero passare dal 21% dell’anno scorso al 28% di quest’anno, secondo
le previsioni. Il successo del commercio on line ha le stesse basi di quello
tradizionale: soddisfare correttamente i bisogni dei diversi gruppi di consumatori.
Bluemountain.com attrae milioni di visitatori in quanto il mix della sua offerta
di biglietti di auguri elettronici è in grado di soddisfare ogni esigenza. Inoltre
il sito è multilingua, cosa che rende più semplice l’accesso a molti utenti, e
prevede sezioni dedicate ai diversi gruppi etnici, cosa che sembra destinata ad
avere un seguito anche in altri settori online: se il web è il mercato di domani,
i clienti che arriveranno apparterranno a tutte le culture, etnie ed età. 10)
LOG ON, BOSS! COLLEGATI, CAPO! Molti executive rimangono legati ai
modi di operare tradizionali del loro settore, e utilizzano raramente la rete:
solo quando viene loro chiesto un chiarimento sulla strategia relativa ad Internet
essi si pongono il problema, spesso decidendo di lanciarsi nel nuovo mondo on
line. Meno di un terzo dei dirigenti d’azienda si considera, secondo Pricewaterhouse,
abile nell’uso della rete. Il problema è che quegli stessi dirigenti ritengono
il commercio elettronico strategico per il proprio futuro. Saranno in grado di
superare quest’impasse? Devono dedicarsi seriamente ad approfondire le loro conoscenze,
in caso contrario rischiano di restare indietro. Molte aziende stanno
introducendo i loro dirigenti nel mondo Internet; Visa, che ha fatto del commercio
on line uno dei 5 punti chiave della propria strategia, offre questa possibilità
anche ai dirigenti di banche e catene di vendita: "Occorre un supporto di alto
livello per far sì che un’intera organizzazione abbracci l’e-commerce", afferma
il vicepresidente per il commercio elettronico di Visa. Alcuni dirigenti non
reputano di dover essere proprio loro a introdurre il web in azienda e certi non
hanno nemmeno un PC sulla scrivania: "Come esecutivo, il compito principale è
fare l’avvocato del diavolo. Questo un PC non è in grado di farlo", sostiene G.
Engelke, CEO di un’azienda da 20 miliardi di dollari. Dirigenti che pensano
in questo modo però, secondo molti, non lo saranno per molto, non essendo in grado
di sfruttare nel proprio business le opportunità derivanti dalle nuove tecnologie:
"C’è un livello minimo di conoscenza della tecnologia che occorre possedere per
operare oggi" afferma T. Kasten, vicpresidente IT di Levi Strauss. C’è ancora
tempo per prepararsi – se non lo si è già – ma non molto. Chi insiste a delegare
la questione Internet al proprio staff senza intervenire in prima persona pagherà
un prezzo alto: la medicina può sembrare amara, ma è meglio prenderla prima che
sia troppo tardi. | |