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Centri di competenza
Per governare la trasformazione
nella relazione con il cliente
Nella prima fase dello sviluppo del mercato i call center erano
visti essenzialmente come soluzione per risolvere i problemi - amministrativi,
di prodotto, consegna - in genere post-vendita. “Il call center
era una specie di zerbino sotto il quale nascondere i problemi”.
Questa descrizione serve a spiegare il motivo per cui un modello
di questo tipo (con vincoli importanti sul versante della tecnologia
che aveva elevata rigidità e costi rilevanti) non poteva
che essere labor intensive, ovvero richiedeva la presenza di operatori,
il cui costo incideva in modo consistente sul complesso dell’attività.
Le prime automazioni – acd nell’inbound e predictive
dialer nell’outbound – sono servite per migliorare l’efficienza
dei processi e per consentire un parziale contenimento dei costi
a fronte dell’aumento delle attività richieste da un
mercato in sviluppo.
Con le varie crisi economiche, i tagli di budget e l’efficientamento
degli ultimi anni la marginalità si è ridotta, si
è agito sui costi del personale e/o è stato impiegato
l’outsourcing, con lo scopo di avere flessibilità nel
servizio e contenere ancor di più i costi (in pochi casi
per avere servizi specialistici).
Lo
scenario è cambiato quando il telefono (la voce) non è
più stato il canale esclusivo di comunicazione tra aziende
e clienti, ovvero quando le e-mail e, subito dopo, il web e la messaggistica
hanno costretto a modificare i processi della relazione con il cliente.
I call center sono diventati contact center.
Ma - soprattutto per le società di outsourcing - il cambio
di terminologia non è bastato.
Intanto perché altri attori avevano iniziato ad occupare
quest’area di business: con i nuovi media ed i social erano
nate realtà che si trovavano più a loro agio, anche
nei confronti degli interlocutori aziendali.
Inoltre, perché la vera sfida del cambiamento per gli outsourcer
consisteva nel diventare business process outsourcing, ovvero nel
proporsi non più come fornitori di risorse umane, ma di soluzioni
complete: progettazione nuove attività, scelta delle tecnologie
abilitanti, fornitura dei servizi, controllo e adattamenti, ecc…
Questo tipo di offerta BPO doveva essere valutata dal committente
(ufficio acquisti) con diverse modalità, anche perché
il costo della prestazione si confrontava con il raggiungimento
di livelli di servizio quali-quantitatiivi e con una logica di rapporto
tra cliente e fornitore sempre più di tipo partnership win
win.
A questo punto le aziende ed i loro partner hanno iniziato ad essere
consapevoli della necessità di presidiare e consolidare l’area
della Customer Experience.
Oggi,
nel corso del suo viaggio nella omnicanalità, il consumatore
vive la propria esperienza ed esige una soluzione dei problemi nei
vari punti di contatto.
Per le aziende (e i loro marchi) resta da affrontare l’integrazione
e il real time.
Nel caso dell’integrazione, gli ostacoli operativi sono rappresentati
dai silos dei sistemi aziendali e dagli specifici interessi delle
aree funzionali.
Nel caso del real time, i problemi sorgono quando si devono trovare
soluzioni on-line personalizzate e in linea con i riscontri derivanti
dalla customer experience.
Sul
mercato, forze rilevanti spingono le aziende della filiera a cambiamenti
continui, dato che la trasformazione digitale significa innovazione
ad altissima velocità.
E’ cambiata la proposta tecnologica, nuovi attori e soprattutto
nuove modalità di offerta – es. flessibilità
e pagamenti a uso – aprono opportunità a start-up e
stimolano le imprese esistenti.
Con il supporto delle nuove tecnologie bisogna valorizzare le competenze
che permettono di competere in un mondo dove i diversi attori si
relazionano con una crescente condivisione di informazioni e conoscenze,
dove i mercati globali ed i modelli di economie di rete cambiano
le modalità di relazione.
Bisogna essere pronti e dedicarsi ad acquisire nuove conoscenze,
che limitino le resistenze al cambiamento e fortifichino le capacità
di innovare e pensare diversamente.
In questa fase evolutiva è bene ricordare che la vera innovazione
deve creare miglioramenti e generare valore, che per fare vera innovazione
non bastano nuove tecnologie, processi di business, rapporti di
collaborazione, ma occorre ripensare all’intero modo di lavorare
nelle organizzazioni, che ci piace chiamare “centri di competenza”,
operativi lungo la filiera della relazione con il cliente.
Quanto
sino a ora scritto vale se la piccola ripresa economica della nostra
economia si consolida, quindi se chi ci governa/amministra riesce
a mettere in pratica quanto spesso ha promesso. A partire dalla
diminuzione del debito pubblico nazionale.
Mario Massone
Maggio
2017
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