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Il
Social
Customer Care: lo stai facendo nel modo sbagliato!
Mentre preparavo una riunione con un cliente, sul tema social customer
care, di recente ho navigato su Twitter e Facebook in cerca di esempi
di richieste di supporto: in rete ci sono, in effetti, gradazioni
così diverse di #badcx, cattivi esempi di assistenza ai clienti,
che ho pensato fosse utile mettere insieme una lista di cosa NON
fare quando i clienti chiedono aiuto, o si lamentano pubblicamente
attraverso i social media:
-
Se
la lamentela è specifica su
un problema comune che anche altri utenti stanno sperimentando,
sarebbe opportuno non solo rispondere, ma includere pubblicamente
la soluzione del problema, così che la stessa esperienza
possa essere condivisa tra i clienti;
- Quando un utente si
lamenta di qualcosa
che è andato storto con un prodotto o in generale con l’azienda
produttrice, questo significa che probabilmente ha già
cercato di contattare il servizio clienti al telefono, magari
anche via email o altri canali, e questa è la cosiddetta
ultima spiaggia. Quindi la risposta ideale non può in alcun
modo essere “si prega di contattare il numero verde 800…”.
La risposta, invece, dovrebbe essere immediata e nel canale in
cui è stata richiesta. Se sono necessarie informazioni
personali e dati sensibili, si può ricorrere al messaggio
privato (ma solo una volta data un’esauriente risposta pubblica)
per contattare il cliente in maniera diretta.
- Se la richiesta di
aiuto può
essere risolta fornendo istruzioni o informazioni tecniche, queste
devono essere fornite in maniera pubblica e trasparente! Non solo
il richiedente ne sarà deliziato, ma la buona azione si
estenderà anche agli altri utenti che sono in cerca, probabilmente,
delle stesse informazioni.
- Una grande multinazionale,
si sa, a volte rimanda ad una gestione locale dei problemi.
Questo però non significa che il team locale non debba
essere coinvolto nella conversazione social! Come minimo, va dimostrato
al cliente di aver passato le informazioni al supporto locale,
che lo contatterà direttamente. Rispondere pubblicamente
di rivolgersi direttamente al supporto locale, spesso…sa
proprio di #badcx.
- Sempre in ambito di
grandi aziende, se
un cliente ha fatto ricorso ad una lamentela pubblica, rispondere
affermando di essere “solo il team social” non aiuta
affatto a migliorare la percezione dell’azienda. Ai consumatori
non importano le organizzazioni aziendali interne: se il team
di social media ha il logo e il nome ufficiale dell’azienda,
significa che la rappresenta interamente, così come un
contact center né è la voce ufficiale.
- Se un utente è
così frustrato da
aver postato lo stesso commento sulla timeline decine di volte,
non è sufficiente rispondere solo ad un messaggio: ciascun
post è potenzialmente pericoloso, e soprattutto compare
nelle ricerche web, e deve quindi avere una risposta adeguata
(sono ammessi i copia-incolla della risposta originaria). In fondo
non faremmo lo stesso se quel cliente decidesse di telefonare
10 volte al reparto reclami? O gli verrebbe disconnessa la chiamata
poiché ha già ricevuto risposta?
- Ultima nota,
ma non certo per importanza, è sulla lingua utilizzata.
Una multinazionale operante in 20 paesi generalmente supporta
le proprie operazioni locali nella lingua del paese in cui si
trovano. Rispondere ad un tweet o post pubblico in una lingua
differente da quella del consumatore non è generalmente
molto educato, a meno di offrire una spiegazione plausibile o
almeno tentare con una traduzione online. Ci sono ottimi traduttori
disponibili su tutti i canali, nel caso si trattasse solo di un
problema di risorse.
L’impressione complessiva
di questa carrellata è che si possa immediatamente capire
quando sono i gruppi del reparto marketing o di altri dipartimenti
a rispondere alle richieste di supporto: il linguaggio è
perfetto e adeguato, le risposte sembrano pre-approvate e sono sempre
politically correct, ma i risultati?
Le aziende devono cominciare a fornire una assistenza clienti social
in linea con le aspettative del cliente, e per prendere questa decisione
è sufficiente sfogliare le pagine dei propri account, fin
da subito.
Paola
Annis, Genesys
Aprile 2016 |