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Aziende
in rete e Contact Center
Dove stiamo andando
Tratto da "Office Automation n. 2 febbraio 2003"
GianPaolo Almirante
"Riprendendo il discorso iniziale, ribadiamo che sarebbe un errore
ritenere l’ambiente del contact center statico e consolidato.
Sono in corso, infatti, processi evolutivi di notevole importanza
sia negli scenari di mercato che sul piano strettamente tecnologico;
ne consegue una certa fluidità della situazione, che rende
molto difficile prevedere dove si andrà a finire soprattutto
perché si vedono indirizzi completamente divergenti.
Cerchiamo di raccogliere qualche idea, appoggiandoci anche alle illuminanti
discussioni avute con Agostino Bertoldi, country manager di Genesys,
Mario Massone, presidente di Markab e coordinatore dell’associazione
CmmC, e Roberto Tedone, Front Office Consulting & Sales Director
di IFM Infomaster, che ringraziamo per il tempo generosamente dedicatoci
e di cui speriamo di non aver distorto il pensiero.
Come era prevedibile in una situazione come quella italiana, si stanno
diffondendo soluzioni di vero contact center anche presso le medie
imprese. Fino a qualche tempo fa, il discorso contact center interessava
per lo più realtà specializzate con centinaia di posti
operatore; oggi si parla sempre più spesso di realizzazioni
con meno di 100 e fino a 25 postazioni. È un mercato, tra l’altro,
che suscita l’interesse non solo dei produttori minori, molti
dei quali italiani, ma anche delle multinazionali, che stanno offrendo
soluzioni progettate ad hoc per questo segmento.
Per certi versi questo contrasta con l’interesse sempre più
marcato verso l’esternalizzazione del contact center con qualche
modello di outsourcing, anche se il fenomeno si riscontra più
nelle grandi realtà che non in quelle medie. Effettivamente
la gestione di un contact center è onerosa, complessa e avulsa
dal core business dell’azienda, che viene a trovare economicamente
conveniente a parità di risultati affidare il contatto col
cliente a centri servizi specializzati.
Sulla fascia più alta, quella dei grandi outsourcer per intendersi,
si sta osservando una certa maturazione. Se è vero il principio
che i mercati diventano maturi quando si effettuano concentrazioni,
i segnali sono evidenti: citiamo l’acquisizione da parte del
Gruppo COS del 60% del capitale di 7C Italia (il restante 40% resta
ad Alitalia) che sancisce l’ingresso di COS nel settore booking
e turismo, o l’acquisizione del 100% di Teleclient, già
gruppo Fiat, da parte di Acroservizi, che allarga così il proprio
campo di interesse dalla finanza all’automobile.
Del tutto opposta è la tendenza di grandi centri servizi nati
come spin off di una grande impresa, per esempio di una banca, ad
offrire outsourcing ad altre aziende dello stesso settore, creando
così realtà fortemente verticalizzate che fanno dell’altissima
specializzazione il proprio punto di forza.
Riguardo alla tecnologia, il fenomeno da seguire con più attenzione
è la Voice over IP, ossia l’utilizzo del protocollo IP
per trasmettere non solo dati ma anche voce. Poiché i problemi
di latenza e scarsa intelligibilità sono quasi del tutto superati,
i vantaggi sono in teoria notevoli, a cominciare da una notevole semplificazione
tecnologica specie in infrastrutture come il cablaggio che non richiederebbe
più sistemi sdoppiati tra telefonia e dati; anche la gestione
avrebbe importanti vantaggi in termini di flessibilità, per
la facilità di trattamento degli indirizzi.
Strettamente legata al VoIP è la ‘virtualizzazione ‘dei
call center. Un call center virtuale significa semplicemente che la
locazione di un agente non è rilevante: ovunque si trovino
gli agenti, saranno in grado di lavorare come se fossero nella sede
centrale; in un ambiente IP questo risultato si raggiunge in modo
molto più economico che con le tradizionali soluzioni interattive
multisite. I vantaggi dell’IP non stanno solo nei costi, ma
anche nella velocità di implementazione.
Perché allora la VoIP non sta registrando un boom inarrestabile?
I problemi tecnologici sono superati da anni; il protocollo H.323,
o l’emergente e secondo alcuni superiore protocollo SIP, garantiscono
un ottimo livello di qualità purché sia a disposizione
la banda necessaria. Quindi, se all’interno dell’azienda
si vuole utilizzare IP per il trasporto della voce basta munirsi degli
apparati appositi, dimensionare adeguatamente LAN e WAN e il gioco
è fatto. Se invece si vuole dare la possibilità ai clienti
di contattare il call center con strumenti che supportino la VoIP
allora il problema vero è la banda tra l’Internet provider
a cui il cliente è collegato e il resto del mondo. La banda
sul dial up, tra il cliente e il provider di solito è sufficiente,
anche con modem a 33,5 kbps o meglio ancora a 56 kbps; il problema
è la banda sulla dorsale: a parte contratti particolari, non
c’è nessuna garanzia né sulla banda né
sulla latenza. Se poi, come pensa qualcuno, si utilizzano bande separate
per la voce e per i dati, o addirittura si arriva ad utilizzare due
cablaggi diversi, si snatura il concetto iniziale e si perdono quasi
tutti i vantaggi della VoIP. È questo problema di banda che
ha raffreddato molti degli entusiasmi che si notavano solo un anno
fa e che farà sì che l’adozione della VoIP nei
contact center richieda ancora un certo tempo a diventare generalizzata.
Abbiamo accennato sopra alla virtualizzazione dei call center, intesa
come la possibilità di avere operatori distribuiti geograficamente
ma operanti come se fossero collegati ad un unico sistema di ricezione
dei messaggi e in modo assolutamente trasparente a chi chiama. Si
noti che tecnicamente la virtualizzazione è strettamente correlata
all’integrazione di call center diversi in un unico sistema,
problema che si presenta nella sua interezza nel caso delle acquisizioni.
Le tecnologie standard permettono di ottenere questo risultato, ma
richiedono o costosi collegamenti dedicati o il ricorso a quello che,
con un termine espressivo, viene detto ‘trombonaggio’,
traduzione letterale del più elegante ‘tromboning’.
Si tratta semplicemente, quando non si può o non si vuole gestire
una chiamata nel centro A, di reinstradarla verso il centro B con
una nuova chiamata da A a B sulla rete telefonica tradizionale. Le
attuali tariffe ‘flat’ rendono il trombonaggio meno costoso
dei circuiti dedicati, ma è certo che notevoli vantaggi si
avrebbero se i carrier mettessero a disposizione di questo tipo di
instradamento le potenzialità della loro rete, resa ‘intelligente’
da sofisticati strati di software. In linea di principio, è
come se il carrier diventasse, tramite la sua rete intelligente un
ASP (Application Service Provider) del servizio di call center.
Soluzioni di questa natura sono state proposte da realtà del
calibro di Cisco e Genesys e, in Italia da IFM Infomaster.
I carrier non sembrano per il momento particolarmente entusiasti.
Un anno fa scrivevamo che forse temevano di perdere i cospicui introiti
delle linee dedicate. Oggi possiamo aggiungere che, a nostro modestissimo
avviso, stanno perdendo un’opportunità: proprio quando
fenomeni di concentrazione rendo attuali queste soluzioni, nessuno
come loro è nella posizione di assumere un ruolo di capo progetto
nel reingegnerizzare i sistemi di contact center , ed è chiaro
che chi riesce a conquistare le prime operazioni di questo tipo viene
a trovarsi in posizione di dominio del mercato. Certamente sono necessari
investimenti per potenziare la rete intelligente, ma non ci sembra
questo il problema. Che si tratti solo di lentezza ad adeguare l’organizzazione?
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