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Contratti di lavoro: altri chiarimenti
(anno
2004)
Dopo una intensa attività condotta nell'ultima parte del 2003
(vedere), riapriamo questo
prezioso "angolo di consulenza".
Risponde:
Massimo Preti
Specializzazione:
contrattualistica, diritto societario e diritto del lavoro
Massimo
Preti, Avvocato in Milano. Nato a Milano, 13 dicembre 1958
Laureato in giurisprudenza all'Università Statale di
Milano magna cum laude
Esperienza aziendale quale dirigente responsabile di Uffici
Legali di società quotate in Borsa. Iscritto all'Ordine
degli Avvocati di Milano dal 1997.
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Consultare,
nel seguito,
le domande pervenute
D
e le risposte
R
D
E' possibile applicare il contratto di LAVORO A CHIAMATA
per
operatori di un Call Center? Se si in che misura?
Grazie
Mirella Schifano - novembre 2004
R
Il
contratto di lavoro intermittente - meglio noto come contratto
di lavoro a chiamata - viene definito dall'art. 33 del d.lgs.
276/2003 come quel
contratto attraverso il quale un lavoratore "si pone
a disposizione di un
datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione
lavorativa" nei limiti
previsti dalla legge stessa.
Le
prestazioni che possono essere oggetto di questa forma contrattuale
saranno individuate dai contratti collettivi applicabili all'impresa
interessata.
Con
decreto ministeriale in data 23 ottobre 2004, in attesa delle
determinazioni della contrattazione collettiva, viene comunque
ammessa la
stipulazione di contratti di lavoro intermittente per le tipologie
di
attività indicate nella tabella allegata al r.d. 9
dicembre 1923, n.2657.
Tra
tali attività rientrano - al punto 12 - gli "addetti
ai centralini
telefonici privati" e sembra quindi poter concludere
che tale tipologia di
contratti possa essere applicata agli operatori di call center,
almeno in
attesa di quanto produrrà la contrattazione collettiva.
Il
contratto può essere stipulato:
a) con qualsiasi lavoratore per il lavoro nel week end o in
periodi
predeterminati (ferie estive, vacanze pasquali o natalizie);
b) in via sperimentale, indipendentemente dal tipo di attività
da lavoratori
disoccupati con meno di 25 anni o da lavoratori con più
di 45 anni che siano
stati espulsi dal ciclo produttivo o che siano iscritti nelle
liste di
mobilità o collocamento;
c) non può essere stipulato dalle imprese che non abbiano
effettuato la
valutazione dei rischi prevista dal D. Lgs 626/1994.
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D
Il D. Lgs 626/94 si applica ai lavoratori a progetto
ai sensi del D.
Lgs 276/2003 art.66 comma 4; volevo quindi chiederle se, di
conseguenza, i lavoratori a progetto rientrano anche nel computo
del numero dei lavoratori dal quale il D. Lgs 626/94 fa discendere
particolari obblighi (ad es. autocertificazione al posto di
documentazione di valutazione dei rischi ecc..). Grazie
Francesco Chirico - novembre 2004
R
La
materia della tutela della salute e sicurezza del lavoro per
i lavoratori
a progetto è espressamente menzionata dall’art.
66, comma 4 del D. Lgs n.
276/03 che stabilisce che ai rapporti di lavoro a progetto
si applicano le
norme sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al D. Lgs
n. 626 del 1994,
quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro
del
committente. Anche nel caso del lavoro a progetto, le eventuali
misure a
tutela della salute e sicurezza del lavoro devono essere menzionate
nel
contratto. Quando, pertanto, il lavoratore a progetto svolga
la propria opera nei luoghi di lavoro del committente è
da considerarsi lavoratore ai sensi dell’ art. 2, D.
Lgs n. 626/94.
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Circolare
del Welfware
Pubblicata
la circolare n. 1 - 8/1/2004 che disciplina le collaborazioni
coordinate e continuative nella modalità a progetto.
Leggere
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Questo
servizio è disponibile solo per le società iscritte
a CMMC.
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