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Ruolo della donna nei call center

VoiceCom

Appuntamento "To Be On Line" a Voicecom 2001

L'incontro si è svolto l'8 marzo 2001 all’interno di VoiceCom 2001. La foto accanto mostra una veduta parziale del pubblico, che ben rappresenta la realtà del mercato dei call center: 70% donne e 30% uomini.
L'appuntamento è stato introdotto da Mario Massone,
che ha
fatto notare l'importanza "economica" della presenza femminile nel mondo dei contact center, rilevando come in molti casi i principali spunti di innovazione, collaborazione e confronto vengano proprio dalle donne.
Il panel di testimonianze è stato ottimamente moderato dalla giornalista del Sole 24 Ore Rosanna Santonocito, la quale ha rilevato come, secondo alcune recenti indagini, le donne sono maggiormente disponibili ad imparare ed a formarsi, oltre ad avere una maggiore propensione al cambiamento rispetto agli uomini, che spesso risultano più "conservatori".
La prima testimonianza presentata viene da Anna Giovannini, di CAL (gruppo Reale Mutua), la quale ritiene che affrontare l'argomento della giornata sia difficile e delicato, in quanto occorre "mettere sul piatto" le proprie esperienze personali. Secondo Anna Giovannini, il mondo dei call center è molto cambiato da quando, circa 20 anni fa, ebbe il suo primo "contatto" professionale con il telefono. Il call center era allora un punto di domanda, ed era difficile spiegare alle altre

Rosanna Santonocito

Anna Giovannini

persone che tipo di lavoro vi si svolgeva. Una svolta professionale fu il suo ingresso nella prima azienda italiana ad adottare tecnologie Cati, seguito poi da un percorso di carriera che ha permesso di osservare da vicino l'evoluzione del settore. Agli inizi era difficile spiegare ai clienti il valore aggiunto in termini di relazione con il cliente che il call center è in grado di offire; inoltre, la tipologia di attività richiede un costante confronto con la tecnologia e questo ha portato probabilmente ad un avvicinamento maschile ad un mondo che, comunque, era in grande maggioranza comoppsto da donne. Uomini e donne, comunque, per lo più molto giovani: la gestione delle risorse umane è l'aspetto che richiede maggiori responsabilità.

Essere il riferimento di giovani professionalità, trasferire loro i concetti appresi in venti anni di lavoro non è semplice. Il settore richiede forti professionalità, i nuovi assunti arrivano al call center perchè leggono articoli sui giornali, ma occorre spiegare loro che non è un lavoro di improvvisazione, ma sono richieste disponibilità, elasticità mentale, conoscenza delle lingue. Occorre insomma far sì che questo settore venga riconosciuto come un ambito capace di garantire impiego ai più alti livelli di professionalità.
Il secondo intervento è stato quello di Libera Bui, di BNL Multiservizi.
L'avvio della sua carriera è stato di tipo tecnico, in quanto si occupava di installazione e sviluppo applicativo; una "donna-tecnico" era guardata con sospetto, all'epoca. La realtà aziendale è passata dalle 2 persone iniziali alle circa 170 attuali. Persone giovani anche in questo caso, quasi esclusivamente uomini anche se qualche figura femminile inizia ad apparire. Rispetto a chi si occupa del coordinamento di operatori, avere a che fare con responsabili di servizio, come nel suo caso, può essere più difficile, in quanto occorre sì supportare e motivare, ma anche affrontare,


Libera Bui
in questo caso più che in altri, un "orgoglio" maschile. Quando si lavora in ambiti tecnici, infatti, il rapporto con gli uomini può essere reso complesso a causa di continue e ripetute "prove di forza".
Il mondo del lavoro, in quest'ambito, può richiedere ad una donna rinunce pesanti: occorre credere nel senso di responsabilità ed essere estremamente disponibili, anche 24 ore su 24.


Pina Bertoli
Pina Bertoli, di DHL, è entrata nell'azienda nel 1990, senza alcuna preparazione di tipo tecnico (ACD, applicativi,...) e si è trovata sin da subito di fronte al problema di gestire oltre 100 risorse poco organizzate, da motivare e pianificare. Adesso lavora su progetti di cambiamento, spesso con uomini e con esperienza positiva, riuscendo a guadagnare spazio e credibilità.
La presenza femminile in Dhl è forte a tutti i livelli, soprattutto nel middle management, e fa notare come il 64% delle promozioni in azienda coinvolga donne, che a loro volta rappresentano il 58% del totale dipendenti.
Oggi si occupa degli aspetti relativi alla customer interface: anche qui il rapporto con il mondo maschile è buono, le persone sono preparate (anche se a volte occorre un po' più di umiltà per imparare!).
Lei non rinuncia alla vita personale e familiare, ma
nemmeno all'attività professionale, che le dà molto, e questo richiede sacrifici.
L'intervento che è seguito è stato di Alice Mascia, di e800.
Dopo la laurea e un master in Marketing (nel quale è rimasta stupita all'inizio dall'importanza data al customer care, che nel corso universitario non era stato quasi menzionato) si è occupata di telemarketing. In seguito, presso Tiscali, ha seguito lo start-up di e800, partendo da un capannone vuoto, e mentre il call center nasceva ha approfondito gli aspetti più tecnici.
Il rapporto professionale con gli uomini: considerando la giovane età, spesso non viene

Alice Mascia
immediatamente associata al suo ruolo. In ogni caso (in e800 il 75% del personale è maschile e il 25% femminile, occupandosi di assistenza per un Isp) l'esperienza è positiva con entrambi i sessi, anche se le ragazze sembrano più responsabili e disponibili a lavorare su se stesse e a mettersi in discussione, il che si traduce spesso in risultati migliori.
La necessità che vede oggi è quella di inserire un progetto formativo su customer care e crm anche all'interno delle università, magari con corsi ad hoc, in quanto ormai le teorie e le esperienze sono in parte consolidate.


Valeria Visconti
Valeria Visconti, di Telefono Azzurro, lavora in un call center di dimensioni medio-piccole, ma le tipologie dei chiamanti sono molto particolari: minori o adulti che hanno problemi con minori. Gli operatori, di conseguenza, sono psicologi iscritti all'albo professionale, il che comporta aspettative notevoli, in quanto in molti casi sono professionisti con attività già avviate. Il difficile è far comprendere loro che è richiesto con gli interlocutori un rapporto del tipo "struttura-chiamante" e non "medico-paziente", ovvero non si deve instaurare un rapporto personale tra singoli, anche in relazione al fatto che un caso può essere gestito in tempi diversi da operatori diversi. Ci sono poi i 500 volontari, che è
complesso far lavorare, in quanto le loro motivazioni sono le più varie e prestano la loro opera se "portano a casa qualcosa", ovviamente non in termini economici. L'aspetto motivazionale è quindi fondamentale. Nella quasi totalità dei casi il personale del call center di Telefono Azzurro è femminile: questo è legato al fatto che è una "professione di aiuto" e in quest'ambito, fin dagli studi precedenti, le donne prevalgono. Inoltre, nel 67% dei casi i chiamanti sono bambine e la percentuale si avvicina al 90% per le adolescenti. Chiamano anche insegnati per consigli su come comportarsi in certi casi, e anche qui i docenti uomini che chiamano sono una percentuale irrisoria.
Ci sono anche molti casi di persone che lavorano in call center e che vanno poi a fare volontariato, incrementando in questo caso le proprie capacità di ascolto, vantaggio che poi applicano nell'attività quotidiana.

La penultima testimonianza è venuta da Susan Schuurman, di Servizi Interbancari.Spesso alla guida di strutture di call center è affidata a persone che in quel mondo sono cresciute, mentre Susan Schuurman si presenta con un background di tipo diverso.
Secondo la relatrice, il personale dei call center sono spesso giovani, e le aziende spesso commettono l'errore di considerare l'ingresso nel call center come un trampolino per il passaggio ad altri reparti: ciò crea apettative errate negli operatori (che non vedono l'ora di superare un'esperienza, vista come transitoria) e fa sì che essi siano visti, dagli altri reparti, come "gli ultimi arrivati". E' difficile far capire come in realtà essi costituiscano il contatto con il cliente, ovvero la ricchezza più importante, e come pertanto il lavoro in call center debba essere qualificato in quanto tale.

Susan Schuurman
In altre parti d'Europa inoltre, sottolinea Schuurman, il part time è una necessità per entrambi i sessi, dettata dal fatto che è difficile trovare personale e chi è ricercato sul mercato ottiene condizioni favorevoli senza che ciò abbia ripercussioni sulla carriera. Anche in Italia, la situazione potrà divenire analoga tra alcuni anni.

Simona Chiarello
Chiude i lavori del meeting Simona Chiarello, di Tele2.
Il suo primo approccio al call center è del tipo "cornetta, matita e fiato sul collo del supervisore".
Ricorda però che le figure fondamentali che hanno fatto da riferimento nella sua storia professionale e che la hanno insegnato a credere fortemente in questo settore sono state due donne.
Ritiene fondamentale la formazione: spesso chi si presenta in sede di colloquio ha un vuoto informativo totale sul tipo di lavoro del call center ("si riponde al telefono" è l'opinione diffusa) oppure vede l'attività
come un riempitivo temporaneo. La sfida è dunque quella di far capire sia l'importanza di saper gestire un cliente sia quanto questo può far crescere anche a livello personale. La professionalità è, ancor oggi, a livelli troppo bassi, occorre intervenire sulla formazione a monte.
Conclusioni
Premesso che questo incontro, uscendo dalla retorica della ricorrenza, ha permesso (come sempre è accaduto in CMMC) di realizzare un proficuo scambio tra variegate esperienze, la conclusione primaria che si può trarre è che le donne evidenziano maggiore propensione a gestire il cambiamento, alla formazione, all'innovazione e al confronto, e, pertanto, pongono minori vincoli allo sviluppo del comparto, soprattutto nella fase di maggiore discontinuità, come quella che si sta vivendo.
Del resto, salvo rare eccezioni, il rapporto con i colleghi maschi nei call center è positivo e spesso sono proprio le donne a gradire per prime incarichi con formule a part-time.

Il messaggio finale che i vari interventi ci hanno lasciato evidenzia come nell'ambito di CMMC occorre portare avanti con concretezza e convinzione obiettivi comuni di formazione e di confronto.
Anche con il contributo delle donne.