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Riflettere
e, se utile, mettere in pratica
Nel
“ToBeOnline” n.654 sono state proposte alcune riflessioni
sul settore, che sotto riportiamo. Inoltre, per completare lacune
e per raccogliere anche pareri non in linea con quanto espresso,
sono stati raccolti alcuni commenti da “Amici”, che
ringraziamo per la preziosa collaborazione.
documento
in pdf
Attrazione
Nel
corso di un recente incontro istituzionale
(Mise
18 gennaio 2019) sono stati evidenziato molti
punti critici per il settore dei contact center: dagli ammortizzatori
sociali alle gare di appalto.
In un contesto di forte competizione, distinguerei lo scenario
Paese da quello relativo al Mercato.
Nel primo caso, suggerirei alle Istituzioni di concentrarsi
su scelte che possano promuovere meglio il nostro settore verso
gli investitori, non solo per cercare di far rientrare filiere
e attività delocalizzate, ma soprattutto per catturare
spostamenti in atto, ad esempio quelli collegati alla Brexit.
La digitalizzazione nei settori pubblico e privato produrranno
cambiamenti importanti e ora siamo appena in tempo per lavorare
su percorsi di qualificazione e sviluppo nel settore. Servono
iniziative mirate per far crescere nuove competenze e ricollocare
le persone in attività che stanno cambiando lungo la
filiera della relazione con il cliente.
Valori
Ciascuna
organizzazione deve definire gli obiettivi utili ad attrarre/trattenere
i talenti e lavorare sui valori essenziali, con la certezza
che i collaboratori che credono nella propria azienda e nei
suoi valori sperimenteranno anche un'esperienza migliore con
i clienti finali.
Serve ripensare alle pratiche manageriali e di gestione delle
risorse umane. E’ giunto il momento di trasformare il
ruolo del manager da "comando e controllo" a "coach
developer di talenti". Basato sulla fiducia, sulla condivisione
delle informazioni e sulla responsabilità, questo ruolo
consente di affrontare nuove impostazioni, come la possibilità
di commettere errori, correre rischi, imparare ad imparare,
fare scelte.
Competenze
La
trasformazione digitale è una grande opportunità
per acquisire valore, lasciando lo svolgimento delle attività
ripetitive alle tecnologie. I dipendenti possono così
concentrarsi sulla relazione: ascolto attivo, analisi, consulenza
personalizzata, empatia. Questa intelligenza emotiva rende più
completa ed efficace l'esperienza cliente.
Al centro di questo scenario non vi è più solo
la Customer Experience, ma si trovano soprattutto le Competenze
di chi opera nel Servizio dei Clienti. Al di là della
ricerca del know-how tecnico, interessato dallo sviluppo tecnologico,
le competenze "soft" diventano determinanti per ottenere
esperienze uniche e memorabili. E tra le competenze a cui ricorre
(con varie priorità) troviamo: agilità, creatività,
adattamento relazionale, velocità e gestione di situazioni
complesse.
Filiera
Paradossalmente
tutte queste rivoluzioni in atto aiutano a ricomporre fratture
che si sono formate lungo la filiera del business tra committente
ed erogatore BPO, spesso causate dall’impostazione del
prezzo della prestazione al massimo ribasso e da valutazioni
errate sulle attività gestite dai contact center.
Se la crisi dei contact center coinvolge tutto l'ecosistema,
sia le strutture in outsourcing che quelle in-house, sono convinto
che valori e competenze siano già oggi i fattori determinanti
della nuova competizione, e ragionando su di essi sia possibile
rivedere i modelli, riscrivere gli accordi e ridefinire le best
performance.
Dal canto suo, il Club CMMC cercherà non solo di formulare
raccomandazioni, ma anche di favorire la loro messa in pratica.
pubblicato su "ToBeOnline" n.654 - 1 febbraio 2019
Alcuni
commenti
Ho
letto anch’io qualche sintesi dell’incontro al MISE del
18 gennaio e i temi emersi. E ho provato – non voglio essere
offensivo – un vago senso di nausea.
Sì, nausea, perché questi temi, proprio su questi specifici
temi (ammortizzatori sociali, gare sociali, ecc.) ci stiamo battendo
da oltre un decennio. I problemi del settore sono gli stessi del 2008:
ma perché – mi chiedo – niente (diciamo: poco)
è stato fatto per sostenere un settore che in questi anni ha
rappresentato, nel bene e nel male, una delle poche valvole occupazionali
del nostro paese, soprattutto per i giovani, soprattutto per le donne,
soprattutto al sud?
Perché ancora oggi, dodici anni dopo (“quasi come Dumas…”)
stiamo ancora recitando le stesse omelie, le stesse parole d’ordine,
le stesse richieste di allora? Forse siamo stati noi imprenditori
e noi associazioni di categoria troppo deboli… Forse ci siamo
scontrati con una volontà politica che, nei fatti più
che nelle intenzioni, non è riuscita a cambiare, a riformare,
a dare risposte a quelle stesse domande che oggi ci poniamo ancora.
Sono andato a rileggermi un mio intervento del 2010 e altri ancora
precedenti. Le nostre richieste di allora erano interventi sulla fiscalità,
sulle gare al massimo ribasso, sull’omogeneizzazione dell’inquadramento
previdenziale, sulla necessità di elementi integrativi specifici
nel contratto di lavoro di riferimento, sulla ridefinizione di sgravi
fiscali e incentivi che alimentavano squilibri e disomogeneità
fra le imprese…
Perché questi temi non sono stati affrontati e risolti in dieci
anni?
E’ il liberismo, baby? No, questo non è liberismo, è
mancanza di attenzione, è volontà di non risolvere i
problemi e di non affrontare una seria politica attiva di un settore
che andrebbe considerato con una visione di insieme.
E per gli altri temi da te sollevati, come sempre mi trovi d’accordo:
oggi le competenze e l’innovazione tecnologica sono i nuovi
driver al di fuori dei quali non ci può essere sviluppo, pena
la morte delle imprese e del settore. Chi non investe su formazione,
professionalità, motivazione delle risorse, crescita, competenze
è fuori mercato, magari anche senza rendersene conto.
Umberto
Costamagna
Grazie Mario per le tue riflessioni.
La sfida è perseguire il fine primario, assolutamente condiviso,
l’allineamento dei valori dell’azienda, dell’esperienza
del cliente e delle competenze degli operatori o in generale di chi
gestisce il contatto con il cliente, garantendo anche il quotidiano
di numeri, trend, efficienze e crescite da conseguire.
In tal senso la digitalizzazione sta dando una spinta favorevole decisiva,
semplificando e coinvolgendo i clienti nella relazione con le aziende,
e solo chi saprà utilizzarla sarà premiato dai clienti
stessi.
Filippo Ruggiero
Un utile
spunto di riflessione!
Se da un lato queste “rivoluzioni” potranno rimporre le
“fratture” da te citate, penso che possano tuttavia anche
generare nuove riflessioni nelle aziende committenti: una più
netta distinzione tra attività a valore (per il cliente e per
l’azienda) e attività routinarie.
Queste ultime si divideranno tra “automatizzabili con IA”
e “gestibili in BPO”, ma il mio ragionamento corre più
sulle prime tipologie di attività, quelle a valore: saranno
oggetto di possibili insourcing, con vantaggi su più fronti.
Un esempio: tornare a gestire in casa i reclami scritti, gestire i
back office in modalità mista (60% in house e 40 % in BPO per
la flex).
Sono spunti che ho messo sul tavolo recentemente nella nostra organizzazione,
e la discussione è interessante.
Lorenzo Misani
Ho letto con interesse la tua nota che ha stimolato in me alcune riflessioni.
Attrazione. Riqualificare gli addetti al call-centre è una
priorità ed un'opportunità da cogliere per tempo. Far
loro acquisire competenze di Digital Customer Service consente di
accrescere il know how e al tempo stesso motivare le persone. Qui
la parola d'ordine è investire senza indugi.
Valori. Condivido la tua esortazione ad individuare obiettivi strategici,
posto che vi sia la reale volontà di attrarre e valorizzare
talenti. Aggiungo che la fiducia, la delega e la disponibilità
a commettere anche errori implica un cambio culturale impegnativo
e non rapido ma quantomai necessario.
Competenze. L'intelligenza emotiva e le soft skill in genere vanno
valorizzate ed integrate e sottoscrivo le tue considerazioni.
Filiera. Soprattutto nell'area BPO bisogna abbandonare la battaglia
dei prezzi, creare qualità e valorizzarla. Nel settore assicurativo
si riscontra la stessa dinamica tra Compagnie e fornitori (periti,
carrozzerie convenzionate): l'impresa continua chiedere di abbattere
i costi, ma allo stesso tempo pretende più qualità e
riduzione dei tempi di consegna. Qui il problema è la cinesizzazione
del 'Paese'.
Paolo Fabrizio
La digitalizzazione
sta di fatto imponendo, sia per una continua ricerca di saving che
per una normale evoluzione del cliente finale, l’utilizzo delle
nuove tecnologie di comunicazione (chat app, social, web, ecc...).
Queste ormai rappresentano il presente e, affiancandosi ai già
consolidati modi di comunicare, si propongono come efficaci alternative,
richiedono di integrare le competenze degli operatori.
Non é più sufficiente avere capacità relazionali
"verbali", ma e' necessario integrare gli skill degli operatori,
supportati di nuovo dallo sviluppo della tecnologia, con abilità
nello scrivere e nell'interpretare le richieste "scritte"
da parte dei clienti. Tutto ciò richiede importanti investimenti
in formazione, poiché ai nostri clienti non basta più
essere multicanale come "etichetta", ma su ogni canale di
contatto é richiesta rapidità di risposta e qualità.
Mirko
Giannetti
....Altri
Amici hanno preferito scambiare riflessioni verbali durante incontri
e telefonate. Visto che il periodo è particolarmente intenso
si ringraziano coloro che hanno dedicato attenzione al Club CMMC per
riflettere sul settore e sulle sue possibili evoluzioni.
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